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Pillole di Revée

Transizione: un percorso per riconoscersi

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Parlare di transizione di genere è una tematica estremamente delicata. Chi intraprende un percorso di transizione soffre per il disagio fisico e psicologico di non riconoscersi nel proprio sesso biologico. Giugno, il Pride Month, è proprio dedicato alla sensibilizzazione e al supporto della comunità LGBTQIA2S+. Offre l’opportunità di approfondire le storie di tutte quelle identità di genere e orientamenti sessuali non eterosessuali e non binarie di cui spesso si sa poco rischiando di cadere negli stereotipi.

Quando si parla di disforia di genere ad esempio si indica una persona che sente un’incongruenza tra la propria identità di genere e il sesso biologico. Questa condizione si manifesta in una serie di disagi fisici, psicologici e relazionali. Spesso i soggetti che soffrono di disforia di genere, oltre a dover affrontare le difficoltà del travagliato percorso di transizione, hanno a che fare con i pregiudizi, le incomprensioni e lo stigma della società.

«Le persone non sono educate a capire e ad accettare chi soffre di disforia di genere. Molte volte, queste persone vengono sminuite o addirittura messe da parte. È una condizione anche culturale e bisognerebbe parlarne sempre di più», afferma il Dottor Mauro Barone, specialista in chirurgia plastica ricostruttiva ed estetica, e dottore di ricerca in scienze biomediche integrate e bioetica presso il Policlinico Campus Biomedico di Roma.

La chirurgia plastica è ciò che rende la transizione una vera e propria trasformazione. È, infatti, ciò che permette di passare da un genere all’altro. Tuttavia, come ricorda Barone, è necessario impiegare un approccio multidisciplinare, perché la transizione è un percorso che investe completamene chi la vive, quindi c’è bisogno di tutto uno staff di specialisti, ognuno con le proprie competenze, che si occupi dei singoli aspetti, come pezzi di un puzzle, che ricostruiscano l’identità di una persona affinché possa riconoscersi allo specchio.

Sentirsi a proprio agio con la transizione

Sentirsi a proprio agio nel proprio corpo è ciò che spinge le persone a intraprendere un percorso di transizione. Il supporto delle famiglie è importante e non scontato. Sembra esserci maggior accettazione e sostegno, quindi la percezione è quella di una società che va avanti e si evolve. Questo è ciò che afferma Giulia Lo Russo, medico specialista in chirurgia plastica, estetica e ricostruttiva. «Chi accompagna i pazienti è molto più sereno di qualche anno fa. Ci sono per esempio delle mamme che portano un fiocco a letto o un regalo al risveglio».

La comprensione da parte di chi ci circonda è fondamentale. Può fare la differenza anche sul modo con il quale si affronta la transizione. La presenza di familiari che ascoltano, empatizzano e danno supporto, incide positivamente sulla salute mentale e sul benessere dei pazienti, superando quei preconcetti che frenano e ostacolano il processo di accettazione e transizione.

La possibilità di essere se stessi, senza nascondersi per paura di violenze, insulti e discriminazioni, non dovrebbe essere un privilegio elitario, bensì un diritto alla base di una vita dignitosa. Giovanni Roggero, presidente dell’associazione A.GE.D.O. Torino sottolinea «C’è chi dice che essere omosessuali o transessuali sia una scelta, ma è l’ennesimo stereotipo: veramente possiamo pensare che una persona voglia scegliere di avere una vita difficile, di essere bullizzato, preso in giro, di non trovare lavoro?».

Il concetto di genere si evolve da classificazione binaria a fluida

La disforia di genere è una condizione sperimentata anche a partire dall’età infantile. Ecco perché diventa ancora di più un argomento da trattare con estrema cautela. L’impatto psicologico che ne deriva è molto forte e risulta spesso necessario un supporto psicologico per seguire non solo i bambini, ma anche i loro genitori.

Prevenire il disagio e la sofferenza nei più giovani con disforia di genere vuol dire anche promuovere una società inclusiva e tollerante, quindi ambienti sociali che rispettino e che non stigmatizzino.

La concezione di genere sta cambiando e, da una definizione tradizionale, ossia la classica categoria binaria “maschio” e “femmina”, si passa a nuove prospettive. Emergono, infatti, sempre più identità di genere non binarie, quindi fluide: dai genderqueer, agender, ai bigender. Il genere diventa una costruzione sociale complessa che comprende l’identità, l’espressione e i ruoli di genere. Questo vuol dire considerare come una persona si sente, il modo attraverso cui si mostra e quelle che sono le aspettative culturali.

Come osserva la Dottoressa Damiana Massara, psicologa e psicoterapeuta presso l’ASLTo5, si sta assistendo a una rivoluzione nella percezione dell’identità di genere. «Io sono convita che l’identità di genere fluida, non binaria, individualizzata, è la rivoluzione che i ragazzi di questa generazione stanno portando nel mondo».

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