Pagine di chirurgia
“Io e il mio corpo”: il libro che racconta la vulvodinia
La vulvodinia è una patologia che colpisce una donna su sette, ovvero il 15% dell’universo femminile. Spesso associata a fibromialgia, neuropatia del pudendo ed endometriosi, questa malattia cronica e debilitante non è ancora riconosciuta dal Servizio Sanitario Nazionale (SSN). Mancano protocolli terapeutici standardizzati, ricerca, formazione dei medici e l’inserimento nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA). A peggiorare la situazione, la vulvodinia viene spesso sottovalutata, minimizzata e persino ridicolizzata, alimentando una convinzione socio-culturale che la descrive come un dolore “normale”.
Antonella Schirru, scrittrice, ghostwriter e traduttrice specializzata in ambito scientifico, ha deciso di raccontare questa realtà nel suo libro Io e il mio corpo, edito da Edizioni Effetto.
Nel suo libro racconta la storia di Gioia e Costanza, un personaggio di fantasia costruito a partire da oltre 150 interviste reali. «Volevo scrivere un libro divulgativo, che spiegasse questa patologia senza tecnicismi, ma senza banalizzarla», spiega l’autrice. Attraverso un approccio multidisciplinare, la vulvodinia può essere gestita e controllata, permettendo alle pazienti di ritrovare una vita normale.
Una malattia invisibile
Con la storia di Gioia e Costanza, l’autrice squarcia il velo su una malattia invisibile, mettendo in luce non solo le sfide legate alla diagnosi e alla cura, ma anche la profonda solitudine e il dolore che essa comporta.
Durante l’intervista, Schirru sottolinea come la vulvodinia sia una patologia tanto diffusa quanto ignorata. Le donne affette da vulvodinia affrontano dolori cronici che possono compromettere gravemente la qualità della vita, impedendo di lavorare, avere una vita sociale o anche solo sedersi comodamente.
Spesso il dolore non è solo fisico ma anche psicologico, a causa del ritardo diagnostico che può superare i sei anni, lasciando le pazienti in balia di medici impreparati o indifferenti.
Nonostante colpisca una percentuale significativa di donne, la mancanza di conoscenza e formazione tra i professionisti sanitari rende il percorso diagnostico estremamente difficile. «Purtroppo esiste ancora l’idea che i dolori femminili siano normali. Come quelli durante le mestruazioni o il parto – sottolinea l’autrice – Questo atteggiamento porta le donne colpite a sentirsi dire, anche dai medici: ‘Deve sopportare’. Ma il dolore non è mai normale, e soprattutto non si deve tollerare».
Nell’attesa della diagnosi le donne vivono con un dolore cronico che impedisce loro di lavorare, avere una vita sociale o persino sedersi comodamente.
Secondo l’autrice, tutti dovrebbero leggere Io e il mio corpo. Le donne malate troveranno un aiuto per non annegare nel mare di disperazione che le circonda; gli operatori sanitari potranno sviluppare un approccio meno superficiale; le persone sane perché possono avere un modo di comprendere cosa significhi convivere con un dolore che sembra non avere fine.
Schirru racconta: «Molte donne che hanno letto il libro si sono riconosciute nelle pagine e mi hanno detto: ‘Quella sono io’. Questo è il mio obiettivo: far capire che non sono sole e che da questa patologia si può uscire».
La vulvodinia e la violenza di genere
Schirru vede nel mancato riconoscimento della vulvodinia una forma di violenza di genere. «Non riconoscere una patologia femminile, minimizzarla o ignorarla è una violenza per la donna. Non si può continuare a trattare questi dolori come qualcosa da sopportare in silenzio».
L’autrice sta già lavorando al seguito del libro, arricchito da nuove testimonianze e da informazioni pratiche sui centri specializzati che iniziano a nascere in Italia.
Tra le sue iniziative, c’è anche la creazione di un “decalogo” di centri specializzati in vulvodinia, per orientare le pazienti verso percorsi di cura adeguati. «I centri stanno crescendo, anche se lentamente. Alcuni si chiamano già Centri per la Vulvodinia, segno che finalmente si sta rompendo il tabù che circonda questa patologia», afferma.
“Io e il mio corpo” è un romanzo che non solo racconta ma educa, rompendo il silenzio attorno a una condizione che merita attenzione e rispetto. Con questo romanzo, la scrittrice vuole trasmettere un messaggio chiaro: «Si può tornare a vivere una vita normale. La vulvodinia non è una condanna, ma una sfida che si può affrontare con il giusto supporto medico e sociale».