Medici Chirurghi
Violenza contro le donne: le cicatrici che non si rimarginano
Le donne che sopravvivono alla violenza devono subire interventi di chirurgia per tornare a una nuova normalità. In Italia nell’ultimo anno 125 donne sono state uccise; 68 di esse da partner o ex.
Abbiamo parlato di questo argomento complesso con il dottor Giorgio Merlino, direttore del reparto di chirurgia plastica, chirurgia della mano e microchirurgia all’Ospedale Maria Vittoria di Torino, che un anno e mezzo fa ha effettuato una complessa operazione su una donna vittima di violenza da parte del compagno. Il chirurgo ha spiegato come in chirurgia si operi sui traumi in modo standard, ma in questi casi, dopo l’intervento, si attivi un percorso per seguire la paziente a 360°.
L’operazione per tornare a sorridere
«La lesione era particolarmente complessa – spiega Merlino – perché la signora era stata aggredita con del vetro e presentava tagli profondi sulla guancia». Queste ferite hanno interrotto il nervo facciale; responsabile dell’innervatura di tutta la muscolatura del volto. «È il nervo che ci permette di sorridere, aggrottare la fronte e stringere le palpebre» continua il chirurgo.
L’aggressione ha compromesso la motilità del volto della donna. «L’intervento è stato effettuato in regime d’urgenza – spiega Merlino – è stato anche discretamente lungo». L’operazione è stata fatta al microscopio perché le strutture su cui bisognava intervenire erano molto piccole e dovevano essere risuturate. L’esito dell’intervento non è mai immediato: «Occorre aspettare dai 6 agli 8 mesi, perché il nervo necessita di un tempo piuttosto lungo per rigenerarsi» spiega Merlino.
«È abbastanza comune che si verifichino questi eventi di violenza- precisa il chirurgo – e in questo caso il risultato dell’operazione è stato discretamente positivo».
Superare le proprie paure
«Purtroppo quando ci sono delle lesioni importanti con fratture di sezioni nervose provocate da ustioni, causticazioni da acido o corpi contundenti, – continua Merlino – non si tratta di poter scegliere se essere operati o no». Infatti, in molti casi è fortemente necessario sottoporsi all’operazione. «È ovvio che queste signore hanno paura di essere operate, ma devono necessariamente effettuare l’intervento» puntualizza il dottore.
«Il percorso chirurgico non è molto diverso da quello che si intraprende per gli altri traumi» racconta Merlino. È, però, evidente che in questi casi si attivano una serie di contatti e realtà per aiutare la paziente dal punto di vista anche psicologico. «Direttamente in ospedale si attivano gli psicologici e i centri sociali per seguire la paziente da un punto di vista complessivo» continua Merlino.
«Abbiamo poi, spesso, dei problemi legati all’accesso dei parenti – conclude il chirurgo – quando queste persone sono ricoverate. Talvolta anche l’aggressore vuole andare a trovare la paziente creando dei problemi legali che, caso per caso, affrontiamo».