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Verde indocianina: l’innovazione silenziosa nella chirurgia senologica
All’Ospedale “Franchini” di Santarcangelo di Romagna, parte dell’Azienda USL della Romagna, la chirurgia senologica ha fatto un importante passo avanti grazie all’introduzione del verde indocianina nella mappatura del linfonodo sentinella. A raccontarlo è il dottor Gianluca Frisoni, direttore dell’Unità Operativa di Chirurgia Senologica: «Sono trent’anni che lavoro all’interno di questa struttura e oggi posso dire con certezza che l’introduzione di questa metodica ha cambiato radicalmente il nostro approccio alla chirurgia oncologica mammaria».
Cos’è il verde indocianina
Il verde indocianina è un colorante vitale che si lega all’albumina, una proteina presente nel sangue, e che diffonde per via linfatica una volta iniettato nel tessuto sottocutaneo. «È un farmaco già usato in oculistica e nelle fluorangiografie – spiega Frisoni – ma da oltre dieci anni ha trovato una nuova applicazione nella patologia senologica, permettendoci di identificare con estrema precisione il linfonodo sentinella».

La procedura è semplice ma efficace: all’inizio dell’intervento, quando la paziente è già addormentata, il colorante viene iniettato sotto la pelle, generalmente nella zona areolare o sopra la neoplasia. «In pochi minuti, il verde si diffonde nel circolo linfatico e, grazie alla luce infrarossa, diventa fluorescente. Abbassando le luci in sala operatoria, riusciamo a vedere il tracciato che arriva fino all’ascella», racconta il direttore. È in quel momento che il chirurgo individua i primi linfonodi – uno, due, al massimo tre – da rimuovere per l’esame istologico estemporaneo.
Tempismo e precisione
Uno degli aspetti più rilevanti della procedura è il tempismo dell’incisione: «Dobbiamo agire nel momento giusto. Se aspettiamo troppo, il colorante si diffonde in tutta l’ascella e tutti i linfonodi si illuminano, rendendo difficile distinguere quelli sentinella. Il nostro obiettivo è prelevare solo quelli che drenano direttamente dalla neoplasia».
Il verde indocianina offre inoltre una maggiore capacità di diffusione nei vasi linfatici, grazie al suo peso molecolare più basso, rendendolo particolarmente efficace nelle pazienti che hanno già affrontato trattamenti di chemioterapia: «In quei casi è fondamentale individuare più linfonodi per avere un quadro chiaro della situazione. Il verde ci ha permesso di trovare anche linfonodi malati che sarebbero potuti sfuggire alla metodica tradizionale».
Sperimentare per innovare
L’utilizzo del verde indocianina a Santarcangelo non è stato casuale. «Nel 2012 – ricorda Frisoni – la nostra azienda sanitaria non disponeva del servizio di medicina nucleare. Ogni volta dovevamo mandare le pazienti a Forlì il giorno prima dell’intervento per la somministrazione del Tecnezio-99, un tracciante radioattivo. Un sistema scomodo, dispendioso e poco pratico».
È stato allora che, grazie a un’intuizione del dottor Fogacci, e con la guida del dottor Samorani, direttore dell’epoca, l’équipe di chirurgia senologica ha iniziato a sperimentare l’uso intraoperatorio del verde indocianina. «Abbiamo condotto studi randomizzati per confrontare le due metodiche e i risultati ci hanno dato ragione: la sensibilità del verde è pari, se non superiore, a quella del Tecnezio».
Minor costi, maggiore efficienza
I vantaggi non si limitano all’efficacia clinica: «Con il Tecnezio-99 il costo si aggira intorno ai mille euro a intervento, mentre il verde indocianina costa tra i 150 e i 200 euro. Senza contare la semplificazione organizzativa: tutto avviene in sala operatoria, nella prima fase dell’intervento, senza bisogno di spostamenti o esami preliminari aggiuntivi».
Secondo gli studi condotti a Santarcangelo, i linfonodi sentinella individuati con il verde sono in media 1,9 per paziente, rispetto agli 1,4 trovati con il tracciante radioattivo. «Un risultato che si riflette direttamente sulla qualità della diagnosi e sulla precisione del trattamento», sottolinea Frisoni.
L’uso del verde indocianina è oggi indicato per la quasi totalità delle neoplasie mammarie, in particolare per i tumori di tipo NST (non special type, la vecchia “duttale”) e quelli lobulari. Non è invece indicato nei rarissimi sarcomi della mammella, la cui diffusione metastatica avviene per via ematica, non linfatica.

«L’unica vera controindicazione è l’allergia allo iodio», precisa Frisoni. In questi casi, si ricorre ancora al Tecnezio. Sul fronte delle complicanze, il farmaco si è dimostrato sicuro e ben tollerato. «Può causare una temporanea colorazione verdastra della cute nel punto di iniezione, ma si riassorbe in pochi giorni. Per il resto, nessun problema rilevante. È un farmaco ampiamente usato anche in altri ambiti clinici».
Una tecnica accessibile e replicabile
Grazie a risultati concreti e pubblicazioni scientifiche che ne hanno confermato l’efficacia, la metodica sperimentata a Santarcangelo è oggi replicata in altri centri, portando benefici a un numero sempre maggiore di pazienti.«È una tecnica semplice, sicura, accessibile ed efficace – conclude Frisoni – che ci ha permesso di fare un grande passo avanti nella qualità della nostra chirurgia senologica. E tutto è partito da una necessità concreta e da un’intuizione. Oggi fa parte della nostra pratica quotidiana».
