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Malformazioni oltre le apparenze: la Sindrome di Poland
In un mondo in cui l’immagine corporea ha sempre più importanza, tutto ciò che comporta malformazioni o anomalie fisiche, come la Sindrome di Poland, provoca un’alterazione anche psicologica nei pazienti.
«La Sindrome di Poland è un’aplasia del muscolo grande pettorale associabile anche ad altri muscoli. Dal piccolo pettorale e aplasie costali ad asimmetrie della gabbia toracica, ipoplasie mammarie, ma anche alterazioni dell’arto ipsilaterale. Di solito è unilaterale, ma può anche essere bilaterale», afferma la dottoressa Maria Victoria Romanini, pediatra e chirurgo plastico, ricostruttivo ed estetico presso l’Istituto Giannina Gaslini di Genova.
È una patologia riscontrabile già dalla nascita, anche se diventa palese durante lo sviluppo. Il target di riferimento è, infatti, costituito perlopiù da adolescenti. «Contraendo i muscoli pettorali, si può osservare da subito un’asimmetria dei due lati – spiega Romanini -. Nei piccoli lattanti si vede meno, ma durante la crescita è più evidente vista l’assenza o la dimensione ridotta di una mammella rispetto all’altra che invece comincia a crescere».
Intervenire prima dei diciott’anni, quando tendenzialmente si stabilizza l’immagine corporea, e quindi cominciare un percorso ricostruttivo entro quell’età, significa risolvere parte del problema permettendo ai pazienti di continuare la loro vita normalmente.
Per ogni alterazione, un programma personalizzato
Non tutti i casi sono uguali, serve un programma personalizzato in base alle alterazioni che il paziente presenta. «Innanzitutto si richiede un’ecografia renale, addominale, un ecocardio ed elettrocardiogramma per escludere altre anomalie – continua la dottoressa -. Le patologie associabili sono molteplici tra cui Pectus Excavatum quando il petto va molto in dentro, Pectus Carinatum quando invece va molto in fuori. Rientrano qui anche aplasie della mammella, del capezzolo, ipoplasia della mammella e aplasia di altri muscoli della parte toracica, addominale o della parete posteriore oltre che alterazioni dell’arto ipsilaterale come la sindattilia».
Si può agire chirurgicamente attraverso diverse tipologie di intervento, anche mediante il lipofilling dal forte potere rigenerativo, grazie al quale può non essere necessario l’utilizzo di una protesi. «È possibile optare per ricostruzioni con il lipofilling utilizzando il proprio grasso, aiutando anche i tessuti molli. Si può utilizzare un espansore in caso di eccessiva asimmetria del capezzolo rispetto all’altra parte del torace», dichiara Romanini.
In questo campo, la chirurgia si è evoluta verso procedure meno invasive, cercando di fare il più possibile in un unico intervento. «Adesso, nell’età pediatrica e a seconda dell’elasticità della gabbia toracica – racconta la dottoressa – si possono fare anche terapie mediche che prima non esistevano. È possibile intervenire con un Vacuum Bell, ossia un apparecchio che i pazienti mettono a casa, migliorando un po’ la parete toracica oppure con un bustino nel caso di sterno in fuori».
Convivere con la Sindrome di Poland
La dottoressa ricorda, inoltre, la non obbligatorietà dell’intervento. È infatti possibile convivere con questa malformazione senza necessariamente ripararla o correggerla. Sono i pazienti che devono decidere di intervenire. Ecco perché la componente psicologica è molto rilevante. Occupandosi principalmente di malformazioni toraciche, anomalie mammarie e asimmetrie mammarie e toraciche, l’obiettivo che Romanini si pone è quello di fare una ricostruzione il più simmetrica possibile.
«È un lavoro molto soddisfacente e io ci tengo particolarmente. Si tratta di una specie di missione per la loro felicità, che spero vivamente possano risolvere per dedicarsi a quello che è importante per loro, senza più pensare al fatto che abbiano avuto una malformazione», conclude la dottoressa.