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Ricostruzione mammaria autologa: la nuova frontiera della microchirurgia

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La ricostruzione mammaria è un aspetto fondamentale del percorso di guarigione per molte donne che hanno subito un intervento chirurgico al seno, specialmente dopo una mastectomia. Negli ultimi anni, si è sviluppata una tecnica che si distingue per la sua naturalezza e durabilità. Si tratta della ricostruzione mammaria microchirurgica che utilizza tessuti autologhi, cioè tessuti prelevati dal corpo della paziente stessa. A spiegare i vantaggi di questa tecnica è il dottor Beniamino Brunetti, chirurgo plastico ricostruttivo ed estetico presso il Policlinico Universitario Campus Biomedico di Roma.

«La ricostruzione mammaria microchirurgica è un’alternativa alla ricostruzione più comune con le protesi. Si basa sull’utilizzo di tessuti autologhi, cioè propri della paziente, prelevati da siti donatori come il basso addome o l’interno coscia» spiega il dottor Brunetti. A differenza delle protesi, che possono richiedere sostituzioni e revisioni periodiche, i tessuti autologhi si integrano naturalmente nel corpo della paziente. Invecchiano con lei e riducendo la necessità di ulteriori interventi nel tempo.

Ricostruire con l’autodonazione

Dottor Beniamino Brunetti, chirurgo plastico ricostruttivo ed estetico presso il Policlinico Universitario Campus Biomedico di Roma

Uno dei principali vantaggi di questa tecnica è la possibilità di migliorare anche l’aspetto della zona donatrice. «Il sito donatore più comune è il basso addome, che permette alla paziente di ottenere anche un risultato estetico simile a un’addominoplastica– continua Brunetti -. Il secondo sito donatore, meno comune, è l’interno coscia, che consente un effetto simile a un lifting di coscia

Ma i benefici non sono solo estetici. La ricostruzione con tessuti autologhi, spiega il medico, riduce notevolmente le complicanze legate alle protesi, come la contrattura capsulare o l’estrusione dell’impianto, spesso causate dalla radioterapia. «Con le protesi, le pazienti possono dover affrontare revisioni ogni cinque o dieci anni, a causa di asimmetrie residue o complicanze – entra nel merito il dottore -. Con la ricostruzione autologa, una volta che il tessuto attecchisce, invecchia con la paziente, offrendo un risultato più naturale e duraturo

Evoluzione delle tecniche in microchirurgia

Nel corso degli anni, le tecniche di ricostruzione microchirurgica si sono notevolmente affinate, rendendo l’intervento più rapido e sicuro. «Oggi, grazie a microscopi avanzati e macchinari che ci permettono di predire la qualità del tessuto trapiantato, possiamo ridurre le complicanze e limitare la durata dell’intervento a tre o quattro ore» spiega Brunetti.

Questo ha consentito di ridurre la possibilità di un ricovero in terapia intensiva post-operatoria. La paziente può così di recuperare in pochi giorni. Nonostante i benefici, la ricostruzione mammaria microchirurgica non è ancora ampiamente diffusa nel sistema sanitario italiano. «Queste tecniche complesse ricevono lo stesso rimborso di una ricostruzione con protesi, nonostante l’intervento sia più lungo e delicato» sottolinea Brunetti.

Ricostruzione mammaria autologa

Questo limita l’uso della tecnica principalmente ai casi di complicanze protesiche. Tuttavia, il chirurgo ritiene che nel lungo termine, con questo tipo di interventi, anche il sistema sanitario nazionale ne avrebbe un beneficio rispetto a fare più interventi ogni cinque/dieci anni, non solo per l’estetica, ma anche per la salute delle pazienti. «Questo intervento è un vero e proprio investimento sul proprio corpo –  conclude Brunetti. Non solo si ottiene una ricostruzione più naturale e duratura, ma anche un miglioramento estetico nelle zone donatrici, riducendo il bisogno di ulteriori interventi in futuro».

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