Medici Chirurghi
Microchirurgia: tra avanguardia e passione
«La tecnologia semplifica il ruolo della microchirurgia». Michele Maruccia, professore associato di chirurgia plastica all’Università degli Studi “Aldo Moro” di Bari e chirurgo dell’Unità Operativa Complessa di chirurgia plastica, estetica e ricostruttiva con annesso centro ustioni, spiega come la sperimentazione e la tecnologia abbiano rivoluzionato la microchirurgia.
«La tecnologia semplifica il ruolo della microchirurgia». Michele Maruccia, professore associato di chirurgia plastica all’Università degli Studi “Aldo Moro” di Bari e chirurgo dell’Unità Operativa Complessa di chirurgia plastica, estetica e ricostruttiva con annesso centro ustioni, spiega come la sperimentazione e la tecnologia abbiano rivoluzionato la microchirurgia.
L’evoluzione della microchirurgia
«Il primo intervento di microchirurgia è stato effettuato a Boston nel 1954», introduce Maruccia. Ad eseguirlo è stato il medico e chirurgo plastico Joseph Murray, che ha eseguito un intervento di trapianto di rene. «Potremmo definire la microchirurgia come una branca della chirurgia plastica» sostiene Maruccia. I concetti di questa disciplina sono applicati a numerosi campi della medicina: l’oftalmologia, la cardiochirurgia e la neurochirurgia, perché permette di ricostruire numerose strutture corporee.
«La tecnologia e l’innovazione, negli ultimi 10 anni, hanno radicalmente cambiato la concezione della microchirurgia – entra nel merito Maruccia – perché l’hanno resa una chirurgia molto più raffinata». Gli interventi, infatti, sono sempre meno invasivi grazie all’evoluzione di tutte le tecnologie. Ad esempio: «Nell’ambito della chirurgia del linfedema, l’utilizzo del verde indocianina ha permesso di rendere i vasi linfatici visibili» precisa il chirurgo.
Microchirurgia e linfedema
«A Bari siamo stati tra i primi fortunati a poter utilizzare il super microscopio Mitaka – racconta il chirurgo -. Gli interventi che abbiamo eseguito riguardavano operazioni di chirurgia del linfedema, spesso associato a un danno a carico dei vasi linfatici». I vantaggi sono molteplici: «Si può mettere a fuoco tutto il campo d’azione, con un ingrandimento fino a 77x, che facilita l’ambito dei movimenti microchirurgici». E’ definito infatti supermicroscopio perché utilizza metodiche e tecniche usate per la costruzione di telescopi astronomici, in modo da ridurre le vibrazioni.
Questo strumento è stato utilizzato anche per interventi di ricostruzione mammaria microchirurgica a cui sono stati associati anche dei lembi linfonodali. «La tecnica è detta cosiddetto linfo DIEP – precisa chirurgo -. In un unico intervento ricostruiamo la mammella e risolviamo il problema del linfedema posizionando il lembo linfatico all’interno dell’ascella».
Come diventare microchirurgo
«Il percorso per diventare microchirurgo è faticoso come tutti i percorsi di medicina». Precisa Maruccia, affermando che, nonostante la fatica, è un percorso entusiasmante se fatto con passione e dedizione. «La microchirurgia si può definire come una branca della chirurgia plastica – continua il chirurgo -. Chi vuole diventare un microchirugo può iniziare il percorso con la chirurgia plastica, la chirurgia maxillo-facciale o anche l’ortopedia».
Inizialmente i corsi sono fatti su modelli artificiali. Partendo dalla specializzazione ci sono tanti corsi offerti anche dalla S.I.M. (Società Italiana di Microchirurgia) o dalla SICPRE (Società Italiana di Chirurgia Plastica Ricostruttiva ed Estetica).
«Lo specializzando può iniziare ad avventurarsi e a mettere i primi punti microchirurgici a livello di questi modelli. Il secondo step è utilizzare modelli viventi autorizzati dal Ministero così può applicare quelle che sono le competenze di microchirurgia» spiega il microchirurgo. A seguito si possono seguire delle fellowship all’estero.
«È fondamentale lavorare in un centro che permetta anche ai giovani chirurghi di mettere in pratica tutto ciò che si è imparato durante questo fantastico percorso» conclude Maruccia.