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Melanoma: diagnosi precoce e terapie innovative

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Il melanoma rappresenta una delle forme più gravi tumori alla pelle, con un trend in aumento negli ultimi anni. Secondo la banca dati AIRTUM, l’associazione Italiana Registri Tumori, in Italia, solo nel 2020, sono stati diagnosticati 14.900 casi, con un rischio calcolato di sviluppare un melanoma del 1,5% per gli uomini e del 1,2% per le donne.

La professoressa Emilia Migliano, responsabile del reparto di chirurgia plastica dell’ospedale San Gallicano di Roma, racconta il lavoro svolto presso l’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena (IFO), concentrandosi sul trattamento dei tumori alla pelle, in particolare il melanoma. «Nella sede dell’IFO ci occupiamo prevalentemente di chirurgia oncologica della cute e delle mucose. Siamo un centro di riferimento nazionale per la cura e il trattamento del melanoma, oltre a collaborazione internazionali sui tumori rari solidi dell’adulto», spiega.

La professoressa aggiunge: «Nella popolazione italiana, è il secondo tumore più frequente nei maschi sotto i cinquant’anni e il terzo più frequente nelle donne della stessa fascia d’età».

Uno degli aspetti più complessi di questa malattia è la sua localizzazione. Questa varia in base al genere: «Negli uomini, il melanoma si localizza più frequentemente sul tronco. Nelle donne è più comune a livello degli arti inferiori», riporta. Inoltre, il melanoma può insorgere i aree molto rare come le mucose e i genitali, costituendo solo l’1% di tutti i melanomi.

Diagnosi precoce e nuove terapie

Uno dei punti centrali del trattamento è la diagnosi precoce, che consente una prognosi migliore e un approccio terapeutico più efficace, afferma la dottoressa, sottolineando come all’IFO, spesso i pazienti arrivino da altre regioni con melanomi già localmente avanzati.

Professoressa Emilia Migliano, responsabile del reparto di chirurgia plastica dell’ospedale San Gallicano di Roma

Il trattamento chirurgico riveste un ruolo fondamentale, soprattutto in relazione allo spessore del melanoma: «Considerate che se lo spessore è superiore a quattro millimetri, abbiamo una possibilità del 60% di trovare linfonodi positivi», spiega. Per questo motivo, la diagnosi del linfonodo sentinella è cruciale. «Una volta che abbiamo capito di quale tipo di melanoma si tratta, possiamo esprimerci meglio sulla stadiazione rispetto alla TAC».

Negli ultimi anni, sono stati fatti grandi progressi anche sul fronte delle terapie. Dal 2017, infatti, l’introduzione di nuovi farmaci ha ridotto notevolmente il numero di linfadenectomie radicali, operazioni particolarmente invalidanti per i pazienti. «Abbiamo fatto studi più accurati sull’istologia, cercando le mutazioni genetiche», continua Migliano. La ricerca delle mutazioni ha permesso l’introduzione della target therapy, una terapia mirata per trattare specifiche alterazioni genetiche del tumore. Inoltre, per i casi che non rispondono alla terapia mirata, l’immunoterapia rappresenta una valida alternativa.

Melanoma e gravidanza: un equilibrio delicato

Un aspetto particolarmente complesso è il trattamento del melanoma durante la gravidanza. «Un terzo delle donne in età fertile con diagnosi di melanoma corre il rischio di svilupparlo in gravidanza», afferma Migliano.

Durante questo periodo, i cambiamenti ormonali e la linfangiogenesi legata alla presenza del feto, possono influenzare l’evoluzione della malattia. In questi casi, è fondamentale una decisione condivisa tra chirurghi, ginecologi e oncologi per scegliere il momento migliore per l’intervento o anticipare il parto, qualora necessario.

Multidisciplinarietà contro il melanoma

Uno degli elementi chiave per affrontare il melanoma è la collaborazione tra specialisti. «Discutiamo i casi più gravi in team multidisciplinari, che coinvolgono oncologi, radiologi, dermatologi e altri esperti», spiega la professoressa Migliano.

Il melanoma rappresenta una sfida crescente per la medicina. Grazie però ai progressi nelle diagnosi e nelle terapie, le possibilità di cura stanno migliorando.

L’attenzione alla personalizzazione delle cure, la collaborazione multidisciplinare e l’introduzione di terapie mirate stanno aprendo nuove prospettive per il trattamento di questo tumore così complesso.

«Cerchiamo personalizzare le cure il più possibile, garantendo una ricostruzione estetica e funzionale anche nelle sedi più complesse», conclude la professoressa.

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