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Grasso anomalo sulle gambe: potrebbe essere lipedema

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Il lipedema è una patologia che ha attirato l’attenzione della comunità medica negli ultimi anni. Si tratta di una malattia cronica, che si presenta con un accumulo anomalo di grasso negli arti inferiori e che si sviluppa quasi sempre in modo asimmetrico. Ne abbiamo parlato con il dottor Gianluca Sapino, specialista in chirurgia plastica, ricostruttiva ed estetica presso l’Ospedale Universitario di Losanna per analizzare quanto sia importante la diagnosi precoce e soprattutto quali sono i trattamenti e le prospettive chirurgiche relative al lipedema.

«Per lipedema si intende una patologia infiammatoria del tessuto adiposo localizzato prevalentemente a livello degli arti inferiori, ma anche superiori, che causa ai pazienti che ne sono affetti dei dolori cronici – entra nel merito il chirurgo – E’ una patologia debilitante che crea difficoltà importanti nella vita di tutti i giorni e anche nell’esecuzione di semplici attività come camminare». 

Dottor Gianluca Sapino, specialista in chirurgia plastica, ricostruttiva ed estetica presso l’Ospedale Universitario di Losanna

Al momento non esistono esami specifici per diagnosticare la malattia. «Tipicamente è presente un tessuto adiposo eccedente, anche rispetto al resto del corpo, che si localizza a livello degli arti inferiori o degli arti superiori – spiega il medico – Chi è affetto da lipedema tende, ad esempio, ad avere ematomi o lividi anche senza che vi siano stati dei traumi accompagnati a un dolore esacerbato anche solo alla palpazione superficiale» continua Sapino.

Lipedema: i trattamenti indicati 

Il primo approccio al lipedema è di tipo conservativo. «Quasi tutti i pazienti, dopo una diagnosi di lipedema, cominciano a eseguire un trattamento conservativo eseguito tramite l’aiuto di angiologi e/o fisioterapisti, con l’utilizzo di guaine comprensive» aggiunge Sapino. Si mira così a ridurre meccanicamente il gonfiore nelle aree colpite. Questo trattamento, sebbene non risolutivo, può apportare sollievo significativo ai pazienti a patto che «sia intensivo e duri almeno un anno». L’obiettivo è di ridurre l’infiammazione delle cellule adipose interessate e diminuire di conseguenza la sintomatologia.

L’intervento chirurgico diventa un’alternativa quando il trattamento conservativo non è sufficiente o il paziente richiede interventi più incisivi. «Si può ricorrere alla liposuzione con ultrasuoni, con l’iniezione di soluzioni acquose, o la cosiddetta Power Assisted Liposuction (ndr. rimozione di tessuto adiposo dal corpo durante interventi chirurgici generali)».

Tecnologie differenti, che permettono al chirurgo di rimuovere in maniera specifica e precisa le aree affette da questo tipo di distrofia.

Lipedema e linfedema: facciamo chiarezza

È fondamentale distinguere il lipedema dal linfedema, poiché entrambe le condizioni presentano sintomi simili, ma hanno cause diverse. Mentre il lipedema è legato a una proliferazione anomala del tessuto adiposo, il linfedema è causato da un difetto nel drenaggio linfatico. La diagnosi corretta è cruciale per un trattamento efficace: 

«In pazienti in cui il sistema linfatico è perfettamente funzionante, si parla di lipedema – precisa Sapino – quando invece l’ingrandimento “degli arti” non è legato a una proliferazione atipica e anormale del tessuto adiposo, ma ad un difetto nel drenaggio linfatico, si parla di linfedema»

Ad oggi i pazienti affetti da lipedema sono nella quasi totalità di sesso femminile. «Si suppone che vi sia un’influenza non solo genetica, ma anche ambientale, probabilmente ormonale, alla genesi di questo tipo di patologia – riporta il chirurgo – È interessante notare come, sebbene sia una patologia relativamente recente la prevalenza è in continua crescita e ad oggi si stima che un soggetto femminile su otto o nove possa essere affetto da questo tipo di distrofia». 

E dal punto di vista chirurgico? «L’intervento di lipoaspirazione in soggetti affetti da lipedema è un intervento in costante miglioramento. Questo perché la patologia è relativamente recente e la cura va incontro alle esigenze delle pazienti».

Spesso questi pazienti richiedono più sessioni di chirurgia perché si è di fronte a casi avanzati: «Talvolta per un ritardo di diagnosi – soppesa Sapino – Un solo intervento non sempre è sufficiente per affrontare la patologia. Spesso sono interventi che vanno pianificati a distanza di tre quattro mesi l’uno dall’altro, in modo da permettere di risolvere buona parte del problema».

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