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Disforia di genere: l’importanza della chirurgia
L’identità di genere è ciò che una persona sente interiormente di essere. La disforia di genere si manifesta quando una persona sperimenta un forte disagio dovuto a un’incongruenza tra la propria identità di genere e il sesso biologico. Mauro Barone, specialista in chirurgia plastica ricostruttiva ed estetica, e dottore di ricerca in scienze biomediche integrate e bioetica presso il Policlinico Campus BioMedico di Roma, ci offre uno sguardo approfondito sul suo lavoro e sulla delicatezza della chirurgia di transizione legata proprio alla disforia di genere.
La fragilità di non riconoscersi
«Mi occupo principalmente di chirurgia estetica e anche di ricerca – spiega Barone -. In particolare, mi dedico alla chirurgia di transizione del volto. I pazienti che soffrono di disforia di genere si rivolgono a me per completare il loro percorso e realizzare la loro visione del proprio aspetto».
La disforia di genere è una condizione complessa in cui una persona non si riconosce nel proprio sesso biologico. «È una patologia vera e propria in cui una persona vive come appartenente all’altro genere, ma ha un corpo che appartiene al genere opposto rispetto a come si sente di essere – afferma Barone -. Questa condizione porta a grandi disagi fisici, psicologici e relazionali. Possiamo definire le persone che soffrono di disforia di genere come persone fragili».
Uno dei problemi principali è la mancanza di comprensione e di educazione nella società attuale. «Le persone non sono educate a capire e ad accettare chi soffre di disforia di genere – spiega Barone -. Molte volte, queste persone vengono sminuite o addirittura messe da parte. È una condizione anche culturale e bisognerebbe parlarne sempre di più».
Disforia di genere: il percorso alla transizione
Il percorso di transizione richiede vari passi, a partire dall’approccio psicologico. «La prima cosa da fare è rivolgersi a centri specializzati di disforia di genere. Una volta ottenuto il benestare psicologico, si può iniziare il percorso ormonale o chirurgico», prosegue il medico. L’aspetto legale è altrettanto importante: «Una persona che decide di fare una transizione deve essere riconosciuta legalmente nel genere con cui si identifica».
Nonostante le difficoltà burocratiche in Italia, esistono percorsi multidisciplinari che coinvolgono diverse figure professionali. «L’approccio deve essere multidisciplinare – sottolinea Barone -. Oltre al chirurgo plastico, sono psicologi, endocrinologi, psichiatri, medici estetici, urologi e ginecologi».
La chirurgia plastica gioca un ruolo cruciale nella transizione. «Il chirurgo plastico è l’unico che può applicare una vera e propria trasformazione. Quando si parla di transizione, si può adottare il termine ‘trasformazione’ perché effettivamente si transita da un genere all’altro», afferma Barone.
È fondamentale non creare aspettative irrealistiche nei pazienti. «Le persone devono avere consapevolezza del proprio corpo e delle possibilità della chirurgia. Questo è particolarmente importante per chi fa la transizione, perché spesso arrivano già con una grande consapevolezza del loro corpo».
Riconoscersi allo specchio
La soddisfazione maggiore arriva quando il percorso di transizione si completa con il volto. «Quando i pazienti raggiungono il comfort con il proprio corpo, raggiungono un equilibrio psicofisico che dovremmo vivere tutti – marca il chirurgo -. Sentirsi bene con se stessi è il miglior modo di vivere bene».
Barone enfatizza l’importanza di non giudicare il corpo degli altri lasciando la libertà di essere se stessi e conclude: «Ogni corpo è unico e valido. La scelta di sottoporsi a interventi di chirurgia estetica è strettamente personale e non giudicare. La cosa più importante è educare la società a non essere severi con il proprio corpo e a non giudicare il corpo degli altri, soprattutto quando si parla di disforia di genere».